Toscana, la nuova giunta. Sorprese e conferme nel Pd. Giani: “Salute e lavoro, avanti tutta”

Firenze, 11 novembre 2025 – Il colpo di teatro a Palazzo del Pegaso di Firenze arriva nel primo pomeriggio a pochi giri di lancette d’orologio dall’avvio, fissato per le 15, della dodicesima legislatura toscana. La seduta scatta così subito in ritardo.
’Fuso orario gianiano’ in modalità on si dirà quindi, ma stavolta è vero solo in parte visto che il governatore – marcato stretto fino all’ultimo nella morsa schleiniana del segretario regionale dem Emiliano Fossi e di Marco Furfaro, longa manus di Elly in Toscana – avrebbe voluto essere puntuale pur di non subire qualche scelta romana che in parte ha ridisegnato il suo prospetto di giunta spostandolo più a sinistra del previsto.
Colpo di teatro si diceva, che ha un nome e cognome sbucato all’ultimo: quello della giovanissima Mia Diop, consigliera regionale dem a Livorno di appena 23 anni che di schianto si prende la vicepresidenza della Regione e, come sembra, anche la delega al lavoro. Scacco matto schleiniano che ha come primo effetto quello di depotenziare e di parecchio Firenze. Nello scacchiere in perenne movimento da ore infatti rientra, spinta da fortissimi venti romani, la pisana Alessandra Nardini (che dovrebbe avere le deleghe all’università e al terzo settore) e fa una vittima illustre, la mugellana Serena Spinelli che resta fuori dal lotto magico.
Perno della trattativa Monia Monni da Campi Bisenzio, ex responsabile dell’ambiente, convintasi alla fine ad accettare la poltrona sì più prestigiosa (probabile viatico per una futura candidatura a governatrice nel 2030) ma anche più delicata: la sanità. Un settore chiave, che Monni avrà associato al sociale, che vale 8 miliardi di euro di bilancio regionale. Monni dunque unica fiorentina con la consolazione per il capoluogo di regione del ruolo di presidente del Consiglio affidato alla renziana Stefania Saccardi. E mentre il recordman di preferenze (22mila) Matteo Biffoni, ex sindaco di Prato, resta fuori e mastica amaro, ’piange’ Siena non più rappresentata da Simone Bezzini.
In tutto questo appunto Pisa gonfia i muscoli a dismisura con altri due slot mica da poco. Il primo è occupato da Alberto Lenzi, sindaco di Fauglia con trascorsi dem e un presente in Europa Verde. Dovrebbe ottenere le deleghe dell’agricoltura (ma senza la caccia viste le forti posizioni ambientaliste). Il secondo è David Barontini da Cascina, ingegnere pentastellato e fedelissimo di Irene Galletti (per Pisa si libera un seggio che andrà al riformista Matteo Trapani). Nella partita di giro salta fuori un assessorato (e pure di lusso se, come dicono i rumors le deleghe saranno quelle di urbanistica e infrastrutture) per l’aretino Filippo Boni, quota Schlein, che libera così uno scranno per la gianiana Roberta Casini.
Nessuna sorpresa per la casella della cultura che va alla Capo di Gabinetto del governatore Cristina Manetti, pratese, ideatrice della Toscana delle Donne e già coordinatrice della Casa Riformista che tante fortune ha ottenuto ai seggi. Era blindatissimo, e si sapeva, Leonardo Marras da Grosseto (al suo posto Lidia Bai, Schlein), l’unico riformista nel poker dem. Quali le deleghe? Sulla carta le stesse che aveva, e cioè turismo e attività produttive, ma non è detto che non ci sia all’orizzonte uno scambio di ’compiti’ con Lenzi non prprio il sogno nel cassetto degli agricoltori toscani.
«Vogliamo una Toscana regione di pace» dice Giani (che si terrà bilancio, personale e soport) nel suo intervento programmatico che verte su «vicinanza al territorio, sicurezza sul lavoro, lotta alla precarietà, diritti, Toscana diffusa e sanità territoriale». «Avremo grande attenzione per le aree centrali e la costa» le sue parole. L’obiettivo sarà «rendere forte il sistema di sanità territoriale accanto a quello ospedaliero e capire come dare più forza al territorio e più incisività ai direttore dei distretti». Giani ha infine ricordato l’investimento per i nidi gratis: «Dovremmo costruire asili che possano offrire il servizio».
La Nazione




